Sono oltre mille i nuovi pazienti all’anno, a rischio di cardiopatia cronica, hanno migliorato la loro qualità di vita grazie a una gestione efficace da parte delle strutture mediche dell'Aou.

Ad oggi, il 90 per cento dei pazienti seguiti presso l’ambulatorio Dislipidemie ha raggiunto una riduzione delle LDL (cosiddetto colestero cattivo) a valori inferiori a 55 mg/dL entro sei mesi dalla prima visita. E' il risultato ottenuto da parte della Cardiologia clinica e interventistica che, dal 2023, ha avviato uno screening sulle dislipidemie severe, attraverso il progetto Prevenzione secondaria ed ottimizzazione della gestione ambulatoriale dei pazienti affetti da cardiopatia cronica

Ad essere “arruolati” sono stati pazienti di età compresa tra i 30 e 80 anni, dopo la dimissione per sindrome coronarica acuta con elevati valori di colesterolemia non controllabili con i trattamenti farmacologici tradizionali (statine ed Ezetimibe). La maggior parte di questi pazienti è risultata avere forme di ipercolesterolemia familiare.La popolazione della Sardegna, sia per le caratteristiche anagrafiche sia per la particolare incidenza di diabete e ipercolesterolemia familiare, presenta noti fattori di rischio cardiovascolare.

Si intuisce quindi il rilievo di un’azione di prevenzione secondaria, come quella portata avanti, anche perché le malattie cardiovascolari rappresentano ancora la principale causa di morte nella popolazione.


Le dislipidemie rappresentano una condizione in cui i livelli di grassi nel sangue, fondamentali per il benessere del cuore, non sono in equilibrio. In pratica, questo problema può manifestarsi con un eccesso di colesterolo o trigliceridi, oppure con una carenza del cosiddetto “colesterolo buono” (HDL-C), situazione che favorisce la formazione di placche nelle arterie e può portare all’aterosclerosi.
Si tratta di fattori di rischio che - assieme a ipertensione arteriosa, diabete, obesità, fumo, eccessivo consumo di alcol, sedentarietà e alimentazione ricca di grassi - possono causare cardiopatia cronica.

Questa patologia ha un’incidenza elevata in Sardegna sia tra le forme di tipo familiare, ereditarie, sia tra quelle poligeniche che sono imputabili a un’azione combinata di più geni mutati e fattori ambientali. Si stima infatti che intorno a 400.000 sardi possano convivere con queste anomalie metaboliche, spesso senza saperlo, proprio perché non si sottopongono a controlli regolari.

L’attività svolta con il progetto - finanziato da Amgen srl che aveva risposto alla manifestazione di interesse avviata dall’Aou per la ricerca di uno sponsor del progetto - è stata quindi importante, perché ha permesso di “catturare” una serie di pazienti a rischio, in parte dopo il loro arrivo in reparto per un intervento alle coronarie, in parte arrivati dal territorio a seguito di visite specialistiche.

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