Gadoni è un piccolo e ospitale centro di circa 800 abitanti situato ad un'altezza di 700 metri sul livello del mare ed è il più meridionale dei centri della Comunità Montana Gennargentu – Mandrolisai, cui appartiene.

La località fu abitata sin dall’epoca nuragica. I Nuragici fondevano il rame per realizzare le antiche sculture simbolo dell’età del Bronzo in Sardegna. Per estrarre il prezioso metallo Fenici, Cartaginesi e Romani vi scavarono diverse gallerie poi riutilizzate nel XX secolo.

La rivalutazione delle miniere nel primo dopoguerra, durante il fascismo, e nel secondo dopoguerra produsse notevole ricchezza per gli abitanti del circondario ma ha anche il parziale abbandono delle rigogliose terre presenti e una conseguente parziale perdita delle conoscenze agro-pastorali che per secoli hanno reso il paese importante per tutto il circondario. La tipologia del giacimento e il calo delle quotazioni del rame provocò il graduale abbandono dell'attività estrattiva, fino alla definitiva chiusura delle miniere negli anni ottanta; i successivi fallimenti di politiche di riutilizzo delle strutture portarono un forte disagio economico determinando una continua emigrazione dei residenti verso la penisola e verso i Paesi europei.

Gadoni fu fondata nel XV secolo. Nell’area occupata dal vecchio municipio, nel XV secolo fu eretta la prima chiesa dedicata a san Pietro Apostolo distrutta nel 1870.

La seconda chiesa, quella di Santa Marta consacrata nel 1512, costruita in forme tardogotiche, dovette subire diversi interventi di restauro che hanno modificato la struttura originale.

Nel 1560 fu edificata la parrocchiale intitolata all’Assunta.

Il rione più antico del paese si sviluppa a semicerchio sul colle in cui sorge Gadoni arginato dagli strapiombi che conducono alla valle. Le graziose case del centro storico poi, si affacciano sulle stradine ricoperte da pietre rosse e nere su cui si intersecano le caratteristiche scalinate e i muraglioni.

Secondo una leggenda popolare la denominazione del centro e la sua origine deriverebbero da un fuggiasco, un pastore di Arzana di nome Cadoni, che si trasferì nel XV secolo con la sua famiglia e il suo gregge a Mammàtulu, la località su cui sorge il nucleo più antico del paese. Vi è anche una teoria che farebbe risalire il toponimo al nuraghe Adoni, compreso nei suoi territori fino al XV secolo quando, a seguito della spartizione delle terre tra i feudatari, venne attribuito al paese di Villanovatulo.

Ancora oggi il villaggio minerario di Gadoni, Funtana Raminosa, rappresenta una grande ricchezza per il paese: il sito fa parte del Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna riconosciuto dall’UNESCO.

Il territorio che circonda questo piccolo centro della Sardegna, offre una natura unica e dal fascino selvaggio.

Nella vicinissima località di Bau Laddei, il riu Saraxinus confluisce nel Flumendosa creando scenari particolarmente suggestivi.

Una rigogliosa foresta di lecci, all’interno del complesso forestale del castagno, ricopre il vasto altopiano calcareo di Corongia dove si possono ammirare imponenti falesie e le eccezionali creste rocciose di Is Breccas tra i quali si innalzano gli spettacolari pinnacoli di calcare erosi dai fattori atmosferici e dal tempo.

Racchiusi dal bosco si conservano notevoli esemplari di tassi, ginepri oltre alle splendide peonie e orchidee selvatiche. Non mancano gli alberi di castagne, nocciole, noci e ciliegi che, nel Novecento, hanno reso famoso il paese per la loro grande produzione. Questo è il regno del cinghiale, della martora e del gatto selvatico ma anche dell’aquila e dell’astore.

Tra sentieri incontaminati e paesaggi mozzafiato si scoprono angoli quasi magici come la delicata cascatella di S’Istiddiosa formata dal piccolo rio Bauzzoni: numerose goccioline, precipitando dalle rocce, formano una miriade di fili d’acqua che discendono dalle pareti ricoperte di muschio.

Dei monumenti preistorici rimane testimonianza nei resti dei nuraghi Arcu Nuraxi e Piscia Quaddu oltre alle sepolture lungo il corso del fiume Flumendosa, mentre numerosi ritrovamenti (conservati al Museo Archeologico Nazionale di Sassari) sono concentrati nei pressi del centro urbano dove è stata scoperta una necropoli tardoromana-altomedievale.

Fino a fine XX secolo l’economia del paese era basata sull’attività estrattiva, oggi su agricoltura, allevamento e artigianato, in particolare lavorazione del legno e tessitura della lana.

Sa Burra è il tappeto tipico di Gadoni fatto completamente di lana che inizialmente veniva usato come grossa coperta per ripararsi dal freddo nelle rigide notti invernali. Con la messa in commercio di materiali più leggeri, “sa burra”, da coperta pesante venne usato come tappeto sottotavolo.

Si lavora col telaio orizzontale con la larghezza di due metri. Restringendo il telaio, si ottienevano delle tessiture di una larghezza di 60 centimetri che prima utilizzavano per fare “sa bertula, la bisaccia dove gli uomini di campagna mettevano pane e cibarie varie, ora come guida negli anditi e giroletti. L’uso, che non è mai cambiato dalla notte dei tempi, è quello di adornare i davanzali delle finestre o i balconi durante le processioni di Corpus Domini o nelle manifestazioni religiose più importanti.

Inoltre, a Gadoni, nella notte tra il primo e il secondo di novembre si celebrava il rito de is fraccheras, delle torce di asfodelo (secondo le credenze popolari la pianta della morte). Venivano accese e portate dai giovani per le vie e i vicoli per scacciare gli spiriti maligni e venivano preceduti da bambini che suonavano dei campanacci. Questo rito è stato riscoperto di recente.

Imperdibile, dunque, una visita in questa piccola, ma affascinante realtà della Sardegna in qualsiasi periodo dell’anno e, in particolare, durante l’appuntamento gadonese annuale di Prendas de Ierru, che si svolge nel mese di dicembre. Un importante strumento di promozione e di valorizzazione della produttività locale che unisce aspetti culturali, artigianali e agroalimentari (carni arrosto, gustosi formaggi e pani dalla lavorazione laboriosa come: pistoccumustazzu a corrusupani ‘e pattata e cocoi erda) per offrire ai visitatori uno spaccato reale della comunità gadonese e delle sue peculiarità, in un clima di allegria e festosa accoglienza che spezza la lunga quiete invernale tipica delle comunità montane.

Le più lette