“Tziu Antoni Cuccu” nasce a San Vito (Ca) il 16 Settembre 1921. Persona modesta, schiva, ma caparbia e determinata nel portare avanti quella che lui riteneva una grande missione: diffondere, per essere poi trasmesse ai posteri, le storie e le poesie degli improvvisatori sardi.

A 8 anni iniziò il lavoro di servo pastore sulle montagne, lavoro che dovette interrompere quando divenne militare, arruolato per una guerra che combatté anche in Etiopia dove rimase ferito ad una gamba.

La sua passione per la poesia sarda improvvisata dai cantadores era nata in gioventù. I cantadores arrivavano in paese per le feste e lui non mancava nessun appuntamento per ascoltare le loro poesie.

Emigrò in Germania, lavorando anche nel Nord Italia e quando negli anni ‘60 rientrò in Sardegna, iniziò a girare per le piazze, ad ascoltare e a trascrivere le canzoni dei cantadores per poi dedicarsi alla vendita di libri; guadagnava poco, ma in misura sufficiente per vivere. Quello era il suo lavoro e la sua più grande passione.

Ascoltava i cantadores e riscriveva le poesie in un libretto, oppure su carta riciclata, talvolta utilizzando anche i pacchi e le scatole di cartone. Riciclava tutto… anche la carta del tabacco! Poi li faceva stampare a sue spese e li vendeva nelle piazze.

Non aveva mai studiato però aveva imparato a leggere e a scrivere in carcere senza l’aiuto di nessuno! E poi leggeva molto, giorno e notte!

Pian piano studiò per prendere la patente e con una piccola “500 Familiare” andava a Cagliari in Piazza Carmine a vendere e così venne conosciuto da tanta gente. Lo chiamavano ‘Su Disceppulu nostru’ tanto che la gente faceva il possibile per conservare dei soldi pur di poter acquistare qualche suo libro; in sua assenza non si respirava aria di festa!

Pian piano divenne più sicuro alla guida e girò tutta la Sardegna in lungo e in largo.

È bello pensare a quest’uomo che, come avveniva realmente, girava l’intera Sardegna prima in bicicletta, poi con la “500 Familiare” e infine, mandato in pensione il vecchio mezzo, con una Panda, anch’essa con non pochi acciacchi. Auto che per lui era anche ‘dimora’, in quanto dormiva lì, insieme ad una valigia di cartone piena dei libretti da lui stampati. Era la sua casa-libreria, a disposizione di tutti.

Ad ogni festa paesana arrivava, stendeva un lenzuolo bianco e ci poggiava sopra le poesie. Riusciva a venderle guadagnandoci poco o nulla; il guadagno non gli interessava. Il suo motto ed unico vero scopo era un altro, come andava sempre dicendo: “Faccio questo lavoro dal momento che nessun altro lo fa. A me interessa solo salvare la lingua sarda”.

Era talmente affascinato dalla cultura sarda che anche il tempo che passava nelle piazze, se non era impegnato nella vendita, lo trascorreva nella lettura.

Don Milani affermava che non serve avere le mani pulite se si tengono sempre dentro le tasche; è più che mai necessario che ci ripiegassimo le maniche per dare tutti una mano alla lingua sarda, come ha fatto zio Antonio tutta la vita, e non bisogna aspettare che lo faccia la politica, il campo accademico o gli intellettuali, sarebbe una attesa vana ed inutile. Perciò rendiamo onore e ringraziamo “Tziu Antoni Cuccu” che ci ha lasciato un grande tesoro conoscitivo, con semplicità ed umiltà.

Andando di piazza in piazza, di paese in paese, per tutta la Sardegna, ha insistito nel farci capire di non voltare le spalle alla lingua ed al nostro immenso patrimonio che lui ha custodito nella sua valigia di cartone.

Oggi quella valigia di cartone è diventata uno dei luoghi più preziosi della memoria del popolo sardo. E noi non possiamo che ringraziarlo.

A si biri “Tziu Antoni Cuccu”, a du connosci in Sa Gloria Santa!

Stefania Cuccu