Il cammino deciso verso il varo della legge sulla definizione delle aree idonee e non, prevista dal decreto ministeriale del dicembre del 2021, è giunto al termine.
Dopo anni di mancata normazione della regione Sardegna, che non è intervenuta nemmeno sul piano energetico regionale, siamo giunti a una definizione necessaria per avere gli strumenti e poter esser parte attiva della transizione energetica, necessaria e inevitabile.
La precedente giunta ha lasciato mano libera facendo appello all’ipotetico assestamento di un mercato come quello energetico, che nei fatti libero non è, ed è soggetto a vincoli strutturali, su cui i conoscitori attenti operano legittime speculazioni, che non sono quelle attribuite all’insediamento delle pale eoliche e del fotovoltaico, ma ai buchi normativi esistenti. Non a caso la grande speculazione, contro cui il governo in modo inadeguato e insufficiente ha mosso un’azione di tassazione degli extra profitti, generati dalle sanzioni verso la Russia, riguardavano le società energetiche il cui business era ed è il gas.
Il provvedimento allora adottato da Draghi fu quello di massimizzare l’uso del carbone oltre agli approvvigionamenti del gas con navi gasiere dagli Stati Uniti a costi più elevati, cui i nostri porti sembrerebbero destinati ad accogliere.
Le aree idonee costituiscono una percentuale infinitesimale del territorio, l’uno per cento, incapace di partecipare alla transizione energetica, che lascerà inalterato il consumo del suolo delle raffinerie, dei futuri degassificatori, e dell’impronta edile, che persegue il consumo del suolo come obiettivo patrimoniale e speculativo.
Ancora una volta i tanti esclusi da una giusta distribuzione economica saranno i cittadini, relegati in ambiti desueti dell’industria, la cui crisi in corso espellerà dal mondo del lavoro, senza alterative, per una mancata visione prospettica industriale, della parte predominante della classe dirigente dell’Isola.
Maurizio Ciotola