Sanità sarda. Il punto di vista del movimento Rete Sanità Pubblica
Nel dibattito elettorale in corso nell'Isola un ruolo preminente e' dedicato al discorso sulla sanità. Il movimento Rete Sanità pubblica è da sempre in prima fila per cercare di mettere le mani e le idee su uno dei cardini del welfare italiano. La data principale è più o meno risalente agli anni di piombo, proprio in pieno sequestro Moro. La legge era la numero 338 del 1978 e rivoluzionò la vita italiana. Una sanità pubblica, al di là del ceto sociale: chi guadagnava molto versava molto chi poco dava quel che poteva. Ma tutti erano curati. Col tempo - come sottolineato dagli esponenti del movimento - si e' tentato di scardinare questi servizi importanti. Accade nei territori disagiati e nelle grandi città.
Ma perché accade questo? "Il problema e' vasto - rispondono i rappresentanti del movimento -. La sanità e' sempre stata la mangiatoia più importante per la politica nostrana: in questi tempi, dove domina un pensiero neo-liberista, prevale la voglia di privatizzazione. E' un problema mondiale e soprattutto ora, europeo. Si manifesta - e lo vediamo con liste d'attesa infinite e spese sempre crescenti per medicine e cure - con la perdita della pazienza (e l'impossibilita' a pagarsi le cure) del paziente, che e' portato sempre di più a scegliere strade alternative, prima fra tutte l'indirizzo privato".
E la Sardegna? "L'Isola, per una serie di problemi (orografia su tutte) ha connotazioni diverse dal resto d'Italia. Meno concentrazione c'e' e più difficoltà ci sono per raggiungere centri dove si può essere curati. A causa delle distanze - prosegue Rete Sanità pubblica - si rischia, in caso di concentrazione dei servizi di non arrivare in tempi stretti nelle emergenze, spesso a prezzo della vita stessa del malato. Ora, purtroppo, siamo arrivati alla resa dei conti: si assiste inermi alla distruzione del diritto alla salute. Hanno limitato la medicina di base e con leggi regionali hanno iniziato a svuotare gli ospedali dei servizi importanti e poi, piano piano, hanno reso inutili gli sforzi per giungere ad una sanità equa". Ma questo cosa significa?
"E' presto detto - proseguono i militanti di Rete Sanità pubblica - i buchi di bilancio ci sono ma sono causati dalla politica. Il pensiero neo-liberista interviene sulla soppressione dei servizi pubblici. Imporre ticket elevati, creare liste d'attesa enormi. Così si spinge verso la scelta del privato. Si parla di spopolamento e nel resto della Penisola si invoca una stretta per risparmiare. Noi invece gridiamo a chiare lettere che per combattere questo fenomeno non bisogna abbandonare i territori con la chiusura di uffici, poste, banche e ospedali. Bensì l'esatto contrario. Allora, centro destra e centro sinistra hanno sposato questa tesi: il Pil deve tornare. Ma la salute non è monetizzabile. Se affrontassero il vero sperpero, dagli acquisti di materiale obsoleto o di prodotti sanitari che in una regione costano tot e in un'altra meno di tot, ciò significa che esiste una speculazione in atto. Le nuove nomine (sempre politiche) fanno ovviamente aumentare il deficit. Si alimenta il fenomeno della corruzione. Per la magistratura italiana il 6 per cento della spesa sanitaria va alle mafie. Tanto che l'Italia é prima in Europa per la corruzione e terza nel mondo. Quindi chi vuole intervenire lo fa a gamba tesa".
In Sardegna si dice che la spesa maggiore per la Regione è dedicata alla sanità. Si cercherebbe di uniformare il sistema per risparmiare. Moirano ha lavorato bene?
"Non c'e' dubbio. La scelta della Asl unica, prosegue Rete Sanità pubblica, aveva lo spirito di trasferire la Asl a Sassari, dove c'e' una casta politica ben precisa che ambiva a gestire i malati sardi. Qui siamo lontani anni luce dal proposito che portare la Asl nel turritano avrebbe creato risparmi -aggiungono. Non era nella filosofia risparmiare. Non a caso il presidente della Regione è sassarese e anche i suoi uomini arrivano da lì. A Cagliari - quindi - l'area metropolitana. E al nord? La sanità, ovviamente. Ora si parla di motivi per cui si è scelto il Nord Sardegna, inoltre c'e' da considerare un vero e proprio scambio di interessi politici, con la Sfirs protagonista, con il presidente del Sud Sardegna". Ma i piccoli ospedali, vivranno o moriranno?
"C'e' un piano di riordino, con una legge (voluta dalla sinistra), ma le responsabilità sono a largo spettro. E' arrivato Moirano e l'imput é tagliare, tagliare, tagliare (tranne il suo stipendio, 200 mila euro l'anno). Si continua a svuotare. Il Binaghi perde pezzi. Il Marino opera a go-go. Il microcitemico, vera eccellenza nazionale è stato declassato. Per dare primariati, attualmente abortiti, si levano competenze eccellenti al Brotzu (chiurgia della plastica) per darli ad altri lembi del potere (si apre alla chetichella un reparto che vuol essere uguale al Policlinico di Monserrato). In campagna elettorale ora si colpevolizza Arru. In realtà lui è un esecutore di ordini".
Cosa sono le case della salute? "Oggi noi abbiamo questi candidati per la presidenza della Regione che si proclamano contro la Asl unica. Arru, Moirano (tecnico pagato per distruggere il sistema ospedaliero della Sardegna), non fanno altro che levare l'aria ai piccoli centri. Sono sempre meno abitati? E allora un colpo di forbice e via. Il popolo sardo sta a morire, le morti superano le nascite -continua Rete Sanita' pubblica. Quando si parla di buchi reali non sono deficit di bilancio.I partiti politici hanno assaltato gli enti pubblici. Hanno portato dentro le mafie. E i bilanci vanno in rosso, non per colpa dei cittadini. Per loro tagli ai servizi. Una vita corrisponde all'umanità. Chiudono le eccellenze e allora i politici parlano di "case della salute", come dice il sindaco Zedda. Le case della salute sono strutture molto povere seguite dagli infermieri con l'aiuto dei medici di base. Ma questi già non riescono a fare il loro lavoro. La verità è che sono in realtà degli ospizi".
Redazione Il Punto Sociale
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