Tutti sapevano che, alla fine, l’uscita dal Pd sarebbe stata la conclusione del percorso politico segnato dalla decadenza del giovane Matteo Renzi.
Del resto lui, come l’altro Matteo, il leghista Salvini, è portatore di una politica ad effetto, che raccoglie consensi nell’immediato, ma per assenza di programmazione decade come un elettrone non aggregato, sollecitato ad effettuare un salto quantico.
Non abbiamo mai capito se le scelte di Matteo Renzi siano partorite da un moto proprio o per via di una eterodirezione, che negli anni si è fatta sempre più evidente.
Del resto i partiti politici aggregano interessi comuni o similari, al fine di tradurne gli effetti in sede parlamentare, attraverso leggi specifiche, oggi palesemente avulse a qualsiasi tipo di mediazione.
Renzi è espressione palese di questo tipo di rappresentanza, che non partecipa di una visione complessa e mediata del sistema sociale, il cui livello di riconoscimento e reciprocità contraddistingue il grado di una civiltà democratica.
Nei secoli le lotte di “classe” hanno permesso l’affermarsi di tale riconoscimento, e la cui affermazione è stata tollerata negli anni dalle élite economiche in contrapposizione alla minaccia comunista del blocco sovietico, su cui era obbligatorio vincere, sacrificando la visione liberista.
Da trent’anni quel mondo non esiste più e nel suo deflagrare ha mostrato imperfezioni e aberrazioni, fino ad indurre verso evidenti cambiamenti di rotta, rilevanti aree socialdemocratiche dell’Occidente, piegate oramai verso un neo liberismo scientifico.
Matteo Renzi è un qualcosa che ha avuto effetto dalla rottura di questa visione sociale, lungimirante e progressista, per ancorarsi ad un treno mutevole e profittevole, privo di visione del futuro.
Lui come Salvini sembrano essere espressione di un esteso gruppo di interesse, apolitico, da sempre capace di introdurre personaggi nei partiti politici, allo scopo di arraffare consensi, attraverso i quali condurre la politica in parlamento.
Le operazioni schizofreniche condotte da tali rappresentanti, rendono evidenti la loro eterodirezione, di cui ricordiamo a futura memoria, la personalizzazione della campagna referendaria per la riforma costituzionale per un verso, quanto la richiesta dei pieni poteri per guidare il Paese, o la convocazione con successo delle complici parti sociali al Ministero dell’Interno.
Sembra evidente che, sia Renzi quanto Salvini, costituiscono lo stereotipo degli showman politici per antonomasia, di questo modello di politica asservita.
Vi è un ma, che risiede però nelle loro differenti operazioni e soprattutto, dalla capacità di intercettare gli interessi di quelle stesse lobby stanziali nel nostro Paese.
Renzi sembra aver aperto a quell’area centrista e liberista, di cui Forza Italia, con i dovuti distinguo e puntualizzazioni, è contenitore.
Salvini a quello stesso partito, che è Forza Italia, ha invece mosso l’assalto con la volontà di espugnarlo.
Operazione non proprio gradita né dal Cavaliere né dalla classe dirigente dello stesso partito e soprattutto dal gruppo di interesse che li sostiene.
Chi in prima persona ha riferito dell’incontro tra il Presidente Giuseppe Conte e Silvio Berlusconi, durante le consultazioni post incarico, ha riferito che, "c’è mancato poco per cui lo stesso Berlusconi garantisse la fiducia al secondo Governo Conte".
Siamo certi che tale fiducia, non esplicitamente garantita attraverso le operazioni di voto palese nelle aule Parlamentari, può divenire tale se il partito di Forza Italia e quello di Italia Viva troveranno un minimo comune multiplo per agevolarne la fusione, funzionale alle prossime regole elettorali.
Ovvero, l’operazione di Matteo Renzi si inserisce in una ipotesi di allargamento del sostegno parlamentare al Governo Conte, cui però dobbiamo inquadrare la spicciola contabilità politica del “concambio”.
Sicuramente saranno prete delle granzie, tra cui la prima al colosso editoriale della famiglia Berlusconi, altrettanto avverrà probabilmente per alcune banche e un mondo imprenditoriale, oggi diviso tra il sostegno a Forza Italia e al club della Leopolda di Matteo Renzi.
Un sostegno alla maggioranza di Governo per garantire l’elezione del futuro Capo dello Stato, che per quanto designato dal M5S e dal PD di Zingaretti, ha la necessità di un più esteso consenso parlamentare, di cui capiremo quale sarà la contropartita.
Senza dubbio rientrerà nel patto la modifica della riforma della Giustizia, che così com’è troverebbe implicati a vita tutta una serie di personaggi, dentro il Parlamento o a loro sostegno, estranei al M5S e a gran parte del Pd.
Non di meno potremmo trovarci a veder pesare le pretese delle stesse parti sociali, nella loro miope visione conservatrice del sistema economico e produttivo, da anni fuori mercato, tese a estorcere rendite di posizione, quanto a creare grosse aree di sostegno assistenziale, di matrice clientelare, purtroppo prive di qualsiasi futuro.
Quel gruppo politico così allargato potrà rappresentare una consistente fascia dei dirigenti della Pubblica amministrazione, tesa a conservare, male, il loro esistere senza alcun ritorno di efficienza per i cittadini del Paese.
Ma il cuneo politico insinuatosi ha anche una matrice europea, francese, macroniana, di contrappeso alla mano tesa verso la Germania della Merkel.
Insomma, Renzi sa di poter costituire l’ago della bilancia e congelare qualsiasi inversione di tendenza, se non per un avvio parziale e figurativo, controbilanciato da garanzie impopolari di cui sarà portatore e rappresentante.
Ecco, il Presidente Conte dovrà stare attento a questo logoramento e soprattutto all’equilibrio in cui i compromessi, potrebbero assumere dimensioni e legittimità sociali non commisurate al peso di rappresentanza.
Il M5S e il Pd, avviati ad un accordo sul piano programmatico verso un intesa extraparlamentare, oltre quella già siglata in Parlamento, dovranno riuscire a ridurre gli effetti, per ora solo potenziali, del protagonismo politico di Renzi, esaltato dal valore marginale del consenso garantito al Governo Conte.
Solo alla fine della legislatura capiremo se Matteo Renzi, impersonerà l’Angelino Alfano del centrosinistra.
E se, lo stesso Renzi, vorrà caratterizzare il suo sostegno al Governo minando il percorso, che Conte ha enunciato nel suo programma di Governo.
Maurizio Ciotola